N° 44
(PARTE SECONDA)
1.
Sto cadendo verso una morte molto probabile,
se non certa. La mia armatura funziona, questo lo so, ma con il mio sistema
nervoso in tilt a causa di un impulso elettromagnetico non sono in grado di
comandarla. L’armatura è perfettamente in grado di sopportare il calore
dell’attrito da rientro dell’atmosfera, ma reggerà una caduta da oltre 90.000
piedi di altezza e soprattutto reggerà l’uomo al suo interno? Non ho voglia di
scoprirlo sulla mia pelle.
Mi chiamo Tony Stark e sono
l’invincibile Iron Man, ma in questo momento vorrei essere… da un’altra parte.
Da un’altra parte, per
l’appunto, due ragazzini, una femmina ed un maschio, stanno uscendo da una
prestigiosa scuola privata e si dirigono verso una limousine parcheggiata poco
distante, quando davanti a loro si para
un uomo.
-Ciao ragazzi.- dice loro.
-Papà!- esclama la ragazza riconoscendolo.
-Mi fa piacere che mi chiami ancora così, Kathy, anche se ora sai che
non lo sono davvero.-
-Beh… sei stato il solo padre che ho avuto per quasi tutta la mia
vita.-
-Che non è poi molto lunga.- commenta Howard Finch Sr. mentre prende in
braccio quello che è il suo unico figlio naturale –Mi siete mancati tutti e
due.-
Katherine Finch cerca
qualcosa da dire, ma non riesce a trovarlo. In compenso, suo fratello dice:
-Mettimi giù, papà, sono troppo grande per essere tenuto in braccio
come un lattante.-
-Troppo giusto, giovanotto. Sei davvero cresciuto. E anche tu,
signorina. Tra poco i maschietti cominceranno a ronzarti attorno.-
-Oh che ci provino, quegli scemi.-
-Uhm… dimmi come va con Tony Stark?-
Stavolta l’imbarazzo
di Kathy è ancora più palpabile.
-Beh… è buono. Cerca di passare più tempo che può con noi anche se ha
tante cose da fare. Recentemente è stato a Hong Kong ed ha portato un sacco di
regali per tutti. È molto tenero con Andy, il mio nuovo fratellino, che ha
adottato qualche tempo fa.-
Si interrompe davanti
allo sguardo corrucciato di Finch, poi il silenzio è rotto da una domanda:
-Papà…- chiede il piccolo Howard Finch Jr. –Quando torniamo a casa?-
-Questo dovresti chiederlo a tua madre.- risponde Howard –Mi pare che
stia arrivando proprio adesso.-
Joanna Nivena Finch è,
infatti, scesa dalla limousine ed ha percorso il corto vialetto che la separa
dai suoi figli.
-Howard…- il suo saluto è imbarazzato. L’ultima volta che si sono visti
non si sono lasciati in buoni rapporti, con suo marito che minacciava azioni
giudiziarie per toglierle la custodia almeno del figlio minore -… credevo fossi
tornato a Chicago.-
-Quella era l’intenzione, infatti, ma poi ho pensato che sarebbe stato
più bello passare un po’ di tempo con i miei figli. Non ti dispiace, vero?-
Un’ombra di
perplessità passa sul volto di Joanna. Howard sembra diventato molto
conciliante dall’ultima volta.
Come se le leggesse
nel pensiero, Finch le dice:
-Ci ho pensato parecchio dopo il nostro ultimo incontro. Non sarebbe
giusto che i nostri figli soffrano per i nostri contrasti, non sei d’accordo
anche tu?-
-Si… mi piacerebbe, Howard.-
-Bene. Potremmo siglare la tregua con un pranzo tutti assieme.-
-Si, mamma.- urla Howie.
-Possiamo chiamare Stark e
chiedergli di raggiungerci al ristorante.- offre Finch.
-No… Tony è… uh… dovuto andare via per una questione urgente. Sarà di
ritorno stasera, credo.- replica Joanna.
L’espressione di
Howard Finch è di evidente sollievo.
-Bene. Telefonerò alla Tavern on the Green perché ci riservino un posto
per quattro. Sarà bello stare tutti insieme, come una volta.-
Joanna non sa cosa
pensare. Da un lato è contenta del nuovo atteggiamento di suo marito, ma
dall’altro sente un po’ di preoccupazione. Non fare la sciocca, si dice: andrà
tutto bene.
Andrà tutto bene, si
ripete Harold Joseph Hogan, che gli amici chiamano Happy per la sua tendenza a sorridere
raramente, per non dire mai. Deve andare tutto bene, si ripete, anche se è
passato del tempo dall’ultima volta, non ho certo dimenticato come si fa… già
non ci vuole uno speciale talento ad essere imbranato ed è esattamente così che
si sente Happy in piedi davanti all’uscita dei dipendenti dell’Howard A. Stark
Memorial Hospital.
Ecco che tra quelli
che escono lui nota tre ragazze: una dai capelli neri e l’espressione ingenua,
una rossa che gli fa pensare a Pepper, cosa che avrebbe preferito evitare, ed
infine lei. Una ragazza dalla pelle color dell’ambra ed un sorriso solare ed
anche lei lo a nota.
-Mister Hogan. Che fa da queste parti? Non si sarà mica aggravato?-
-Uh… no… miss Jenkins. Dovevo parlare col vostro amministratore ed
allora ho pensato di… di salutarla, ecco.-
Dio fa, che nessuna di
loro si metta a ridere, sono già abbastanza imbarazzato così.
-Poteva venire in reparto… ma immagino che non le piaccia molto l’idea
di ritornarci, anche se ora è sano come un pesce. Comunque può chiamarmi
Georgia.-
-E allora lei si ricordi di chiamarmi Happy.-
.-Certo Happy. Conosce le mie colleghe: Linda Carter e Christine
Palmer?-
-Credo di si, Le ho incontrate durante il mio ricovero, mi pare.-
-Direi di si.- interviene quella dai capelli rossi, chiamata Christine
–Io ero di turno quando lei è arrivato con quelle brutte ustioni mesi fa. Per
fortuna si è ripreso del tutto.-
-Ho la pelle dura.-
-Si vede.- commenta Georgia –Linda, Christine ed io siamo amiche fin
dai tempi in cui eravamo delle novelline destinate immancabilmente al turno di
notte. Dividevamo un appartamento e lo facciamo ancora a dire il vero. Stavamo
andando a mangiare un boccone al diner qui di fronte, ci fa compagnia?-
-Se non disturbo…-
-Niente affatto. Così ci darà il suo parere su una questione vitale: la
prossima settimana Linda deve andare ad una riunione del suo vecchio corso di
quando era un’allieva infermiera. Per l’occasione è anche tornata bruna dopo
anni che si era fatta bionda. Secondo me sta tremando come una scolaretta
all’idea di reincontrare il bel dottorino su cui aveva messo gli occhi addosso
all’epoca –
-Georgia, non far la pettegola- sbotta Linda Carter –E comunque sono
anni che non penso più a Steve Stuart... e nemmeno a Jackson Jangle, se è per
questo.-
-Ma ti ricordi benissimo i lori nomi. Allora Georgia ha ragione.-
ribatte Christine.-
-Non ti ci mettere anche tu.-
Happy si rilassa. Non
arriva al punto di sorridere, sarebbe davvero un evento, ma ora si sente
davvero più rilassato.
2.
Più rilassato, ecco una cosa che Iron Man non
può proprio dire di essere. Sente distintamente la voce di Sunturion urlargli
nel microfono dell’elmetto. Sa che sta arrivando e che tenterà di salvarlo, ma
non sa se potrà riuscirci. Con qualunque cosa l’ha colpito quella specie di
palla da bowling che avrebbe dovuto essere solo un innocuo (si fa per dire)
contenitore di un supergas nervino creato dalla Roxxon Oil, ha mandato in corto
circuito i suoi sistemi. Non riesce più a controllare il suo sistema nervoso, i
suoi muscoli.
Calmati, si dice, non ne hai bisogno, puoi
lasciar fare tutto alla tua armatura. Non farti prendere dal panico: usa il tuo
cervello, riprendi il controllo. Ecco, sta funzionando: anche se senti dolore
dappertutto i jet funzionano di nuovo, puoi controllare il tuo volo, fallo.
Quando Sunturion lo raggiunge, Tony Stark ha già
riguadagnato il controllo ed invertito la caduta.
<<Per fortuna stai bene, Tony…>> la voce di Arthur Dearborn, sia pure filtrata,
mantiene un tono di reale preoccupazione <<Non mi sarei mai perdonato se ti fosse
successo qualcosa.>>
<<Tranquillo,
Arthur, va tutto bene. Ora vediamo di ritrovare quel dannato aggeggio.>>
<<Sta ancora cadendo. Non ha mutato
velocità. Tony devi credermi se ti dico che non sapevo che fosse
armato.>>
<<Ti credo. I tuoi
ex datori di lavoro erano famosi per avere i loro sporchi segreti. Ora pensiamo
al nostro lavoro. Ora più che mai sono convinto che bisogna recuperare quel
dannato contenitore prima che raggiunga il suolo. È chiaro che qualcuno conosce
benissimo il suo potenziale ed ha provocato l’incidente. O vuole metterci le mani
sopra o vuole intenzionalmente provocare una strage. In entrambi i casi non
glielo permetterò.>>
<<Sono con te.>>
I due si precipitano a
tutta velocità dietro la loro preda.
Altrove l’uomo chiamato
Justin Hammer spegne un monitor e si rivolge all’uomo davanti a lui, vestito di
un costume giallo e blu che lo copre da capo a piedi:
-Hai fatto un buon lavoro finora, Spymaster, anche se avrei preferito
che concludessi di più.-
-Quella McCall non è facile da pedinare, signore.- si giustifica
Spymaster –Anche se sono stato attento, si è sempre accorta della mia presenza
e sono stato costretto a ritirarmi per non farmi scoprire. Quale che sia
l’addestramento che ha ricevuto e da chi, è stato davvero eccezionale.-
-Va bene, non mi servono giustificazioni. Continua a fare quello che
sai fare meglio e sta sempre attento che né mia figlia né il suo socio, Stone,
sappiano che continui a far rapporto a me, che credano pure di essere
indipendenti,-
-Può contare sulla mia discrezione Mr. Hammer.-
-Ci credo, con quel che ti pago. Puoi andare adesso.-
Rimasto solo, Hammer
medita. Sono tutti sue pedine, anche se non sanno di esserlo. Sogghigna
soddisfatto.
Soddisfatto potrebbe essere proprio la parola
adatta per descrivere Philip Grant in questo momento. D’altra parte, come non
capirlo, vista la ragazza sdraiata, nuda accanto a lui in un letto matrimoniale
di un appartamento di Manhattan.
So già che me ne
pentirò, pensa tra se Philip. Come ha fatto a farsi coinvolgere così
profondamente da questa ragazza? Facile, pensa, basta guardarla: Sasha Hammer,
la nipote di uno dei peggiori nemici di Tony Stark, il suo padre naturale. Una
ragazza che pare assolutamente priva di qualsiasi senso morale e di qualunque
inibizione. Beh, neanche lui è un santo dopotutto. Un tempo era il migliore
hacker della nazione, no: del mondo e lo è ancora, solo che ha messo i suoi
talenti al servizio del bene, se il bene può incarnarsi nella Stark-Fujikawa
ovviamente. Certo, meglio essere il super pagato addetto alla sicurezza
informatica di una multinazionale che l’ospite di una galera californiana, non
ci piove.
-Spero che tu stia pensando a me o mi arrabbio.- lo interrompe la
ragazza.
-Certo.- replica Philip –Come potrebbe essere diversamente?-
-Le hai imparate da tuo padre, queste frasette?-
-Se ti riferisci a Tony Stark, lui è mio padre solo per un… incidente
biologico e spero di non assomigliargli
troppo.-
-Beh… sei un genio dell’informatica e ci sai fare con le donne… ed io potrei testimoniarlo con dovizia di
particolari… mi pare che di punti in comune ne abbiate.-
-Preferirei non parlarne.-
-Capisco… anch’io non amo molto parlare della mia famiglia.-
Un tasto dolente?
Philip si rende conto che da quando la frequenta (ed è ormai una settimana che
si vedono regolarmente o nell’appartamento di lui od in questo, che è un
appartamento di rappresentanza della Hammer Inc. di cui Sasha si è procurata,
Philip non vuol sapere come, le chiavi) Sasha non ha quasi mai fatto accenni
alla sua famiglia. Philip sa che potrebbe essere un passo falso, ma non resiste
a chiedere:
-Problemi con i tuoi?-
Sasha scoppia a
ridere.
-Loro sono il problema.- risponde –Hai idea di quanto impegno ci voglia
per essere la pecora più nera di una famiglia di pecore nere? Io ce l’ho messa
tutta. La cara mammina non era entusiasta di rivedermi a casa sua dopo che mi
ero fatta cacciare dall’ennesima scuola esclusiva e naturalmente costosissima.
In confronto a me Paris Hilton è Madre Teresa.-
Philip non può fare a
meno di sorridere al paragone.
-Sei senz’altro più intelligente di Paris Hilton, per come la vedo io,
ma di certo ti piace vivere sopra le righe.-
-Sennò dove sarebbe il divertimento?-
Affermazione
discutibile, pensa colui che era conosciuto come il Corvo, ma in fondo neanche
lui ama la vita troppo regolare.
-Non parli mai di tuo padre.- si ritrova a chiederle quasi senza sapere
il perché –Anche con lui non hai un buon rapporto?-
-Mi credi se ti dico che non so nemmeno chi sia?- risponde Sasha –Mia madre mi ha
partorita a sedici anni e né lei né il nonno parlano mai di quel che è
successo. Magari era impegnata in un’orgia e nemmeno lei sa chi ha fatto il
danno.-
Philip scuote la testa
perplesso.
-Vedo che hai molta stima di tua madre.-
-E chi se ne importa di lei?-
-E per colpa sua che siamo qui? Vuoi farle un dispetto andando a letto
col figlio illegittimo di Tony Stark? Vuoi far saltare le coronarie a tuo
nonno?-
-Ah,niente scuote quel vecchiaccio, credimi. Si mangerebbe il
fegato,forse, ma poi penserebbe a come potrebbe sfruttare la cosa.-
C’è una sorta di
candore in quella ragazza che lascia Philip spiazzato. Possibile che sia
davvero diretta come appare?
-Cosa vuoi davvero da me?- le chiede.
-Per il momento che tu ti dia da fare come hai già dimostrato di esser
capace. Sono una ragazza molto esigente io.
Sasha lo attira a se e
Philip accantona le domande, almeno per il momento.
3.
Momento sbagliato per
farsi domande forse, pensa Tony Stark, parecchie miglia sopra la testa del suo
figlio ribelle, eppure mentre corre verso l’oggetto che sta inseguendo, che
adesso sembra diventato più piccolo di una palla da tennis, non può fare a meno
di chiedersi chi potrebbe avere dei vantaggi da quanto sta succedendo.
Aveva pensato che
dietro a tutto ci fosse Justin Hammer, ma per quanto lo ritenga capace di
tutto, non ha mai pensato che potesse progettare di rendere inabitabile
un’aerea grande quanto il Massachusetts solo per il gusto di farlo. No… questo
potrebbe essere un test per vendere l’arma a qualcuno… no, non ha senso: se
quello che gli ha detto Arthur è corretto, quello che stanno inseguendo è
l’unico esemplare esistente e se esistesse il modo di fabbricarne altro non
avrebbero cercato di far cadere tutto, un sistema più pericoloso e dispendioso.
Deve esserci altro, ma cosa? Improvvisamente gli viene in mente che nella
concitazione non ha pensato a dove andrà a cadere il contenitore.
-Antigone: voglio sapere dove colpirà il satellite che sto inseguendo.
Calcola la rotta esatta.-
Il sistema di
Intelligenza artificiale collegato all’armatura risponde dopo pochi attimi:
<<Eseguito Mr. Stark. Il punto d’impatto previsto è situato a 37°52'59.59" di latitudine Nord
e 85°57'55.31" di longitudine
Ovest.>>
-E cosa c’è
esattamente in quel punto?-
<<Installazione
militare di Fort Knox. Per la precisione: il deposito di lingotti d’oro della
riserva aurea degli Stati Uniti d’America.>>
Mio Dio, pensa
Tony. Improvvisamente capisce: tutto ha un senso, per quanto distorto, adesso.
Ha sbagliato: non c’è Hammer dietro a questo, ma uno decisamente molto più
pazzo.
<<Terra a Iron Man: dove hai la testa amico?>>
La voce di Arthur Dearborn lo
riporta alla realtà.
<<Tutto a posto Arthur. Stavo solo
riflettendo. Dobbiamo fermare quella cosa e dobbiamo farlo subito. Pensi di
poterla friggere con le tue microonde?>>
<<Fammici arrivare a tiro e vedrai.>> è
la secca risposta di Sunturion.
Comincia così una rincorsa folle nel tentativo di raggiungere
un oggetto che sembra farsi sempre più piccolo. Tony ne è sempre più convinto:
la Roxxon non avreebbe dotato l’apparecchio di sistemi di difesa attiva e
passiva se non avesse pensato di recuperarlo o di usarlo direttamente dal
cielo: non si disintegrerà nell’atmosfera e colpirà il suo bersaglio, non un
bersaglio a caso, come pensavano prima, ma uno specifico, impostato da chi è
riuscito a prenderne, chissà come, il controllo. La vita di milioni di abitanti
del Kentucky e degli stati vicini dipende da lui e da Arthur Dearborn. Una
maledetta responsabilità. Si sente la gola secca. Il desiderio di alcool lo
assale, ma scaccia il pensiero.
-Ce l’ho a tiro.- annuncia
Sunturion.
<<Colpiscilo
con tutto quello che hai.>>
Una scarica di microonde altamente
concentrata investe il piccolo oggetto, che si illumina di colpo, poi non ne
rimane più niente.
-Antigone. Rapporto situazione.-
<<Eseguito:
oggetto distrutto, gas reso inerte. Attuale composizione...>>
<<Ce l’abbiamo fatta, Arthur. Mi senti? Ce
l’abbiamo fatta.>>
Fatta, era quasi fatta. L’uomo
grasso impreca contro la sorte avversa. Iron Man, sempre lui sulla sua strada.
Tanto peggio: vorrà dire che dovrà dare un’accelerata ai suoi piani per
disruggere Tony Stark e la sua guardia del corpo in armatura.
Non è finita, è appena cominciata.
Cominciata una cosa dovresti essere
capace di portarla fino in fondo. Questo sta pensando Aleksandr Vassilievitch
Lukin mentre entra negli uffici della Stark-Fujikawa sulla Baia di Flushing nel
Queens. Ad accoglierlo ci sono: Morgan Stark, il Presidente della compagnia ed
il suo Vice Presidente Esecutivo: una giovane ed affascinante giapponese che si
chiama Rumiko Fujikawa, ed è la nipote dell’azionista principale. Non è
difficile immaginare che sia anche il cane da guardia di Morgan Stark. Che sia
anche qualcos’altro, come sussurrano i maligni, non è cosa che interessi Lukin.
Stark somiglia al suo più celebre cugino, anche se è più massiccio, ma non è
dotato del suo stesso talento per l’ingegneria. Dicono, però, che non se la cavi
male come manager. Anche questo importa poco a Lukin. Lui è qui ufficialmente
per stringere accordi tra la sua compagnia, la Kronas Corporation e la Stark
Fujikawa. Ha anche altre mire, ma questo non è necessario che gli altri lo
sappiano.
-Sono felice di incontrarla,
Mr. Lukin.- lo saluta Morgan.
La
sua stretta di mano è molle come Lukin si era aspettato
-Anche per me è un
piacere, Mr. Stark.- risponde il russo, poi fa un leggero inchino all’indirizzo
della giovane giapponese. -È un onore per me incontrarla Fujikawa San. Ho avuto
l’onore di conoscere suo nonno, qualche anno fa. Spero sia sempre in buona
salute e vigoroso come lo ricordo.-
-Forse di più,
Lukin Sama.- replica Rumiko.
Esauriti
i convenevoli, si passa alle discussioni d’affari, poi...
-Bene... conclude
Morgan -... ora direi che la parola può
passare ai nostri avvocati per la stesura finale dei contratti. Ha impegni per
cena, Mr. Lukin?-
-Nessuno.- risponde
lui.
-Allora mi permetta
di invitarla in uno dei migliori ristoranti di questa città.-
-Accetto... ma solo se potrò scegliere il ristorante. A
lei e Miss Fujikawa piace la cucina russa?-
-Uh... Certo.-
risponde Morgan non troppo convinto.
-La adoro.-
risponde Rumiko con un sorrisetto.
-Bene, allora
sarete miei ospiti. È deciso.-
4.
Deciso a scoprire
tutto quello che può su quanto è successo Tony Stark ha passato le ultime
dodici ore chiuso nel suo laboratorio analizzando tutti i dati a sua
disposizione. Alla fine scuote la testa e si rivolge ad Arthur Dearborn.
-Tutto calcolato.
Lo starlab Roxxon è stato colpito in un momento ed un punto preciso che lo
facesse precipitare alle giuste coordinate. Il nostro uomo doveva possedere
informazioni molto accurate, le migliori che il denaro possa comprare.
Scommetto che una rapida indagine ci rivelerebbe che il nostro uomo attraverso
le sue holding possedeva una discreta quantità di azioni della vecchia Roxxon.-
-Ma perché fare
tutto questo per contaminare l’oro di Fort Knox?- chiede Dearborn –Perdonami
Tony, ma la tua ipotesi non ha senso.-
-Credi? Dimmi hai
mai sentito parlare di Mordecai Midas?-
-No… aspetta… non è
quell’eccentrico miliardario greco?-
-Eccentrico è dire
poco. Mida non si limita a vestirsi come un antico greco. Ha un obiettivo
maniacale in mente: essere l’uomo più ricco del mondo e per riuscirci non ha
esitato ad usare qualsiasi mezzo, compresi quelli illegali. Come il suo omonimo
dell’antichità ha una vera passione per l’oro e tempo fa si fece perfino
costruire degli speciali guanti che gli permettevano di trasformare in oro tutto
quello che toccava.-
Un vero maniaco,
capisco. Non dev’essere il primo con cui hai avuto che fare.-
-Sia come Tony
Stark che come Iron Man ne ho conosciuto un po’, lo ammetto,.
-Ora capisco perché
hai pensato a lui: in effetti se le riserve auree di Fort Knox fossero state
distrutte o rese inservibili il prezzo dell’oro sarebbe schizzato alle
stelle... Tony, cosa c’è?-
In effetti Tony si è fatto cupo.
-Stavo
riflettendo…- risponde –Fort Knox può essere il più famoso, ma è solo il
secondo deposito d’oro degli Stati Uniti, il primo è proprio qui a New York,
alla Federal Reserve Bank.-
-E tu hai paura che
Mida voglia tentare un colpo anche lì?-
-Ne sono quasi
certo, ma purtroppo dovremo aspettare che sia lui a fare la prossima mossa… ma
non dovremo aspettare molto, lo sento.-
Un bussare discreto li interrompe e
poco dopo ecco entrare Virginia “Pepper” Potts.
-Scusate se vi
disturbo, ma volevo solo ricordare a Tony i suoi doveri sociali. Stasera c’è il
party di fidanzamento di T’Challa, la Pantera Nera, e tu sei tra gli invitati,
Tony.-
-Giusto. T’Challa è
un vecchio amico e non posso mancare.-
-Gusto per
ricordartelo…- continua Pepper -… sai che puoi portare un ospite, vero?-
-Ma certo… hai
ancora quel bel vestito da sera che ti ho regalato per il tuo compleanno Pep?-
-Quello
sfacciatamente scollato e non molto adatto ad una signora per bene? Certo che
ce l’ho ancora ed aspettavo giusto un’occasione per rindossarlo- replica lei
con un sorrisetto -Vado a chiamare la
baby sitter per Andy. Ci vediamo alle otto.-
Dopo che Pepper è uscita, Arthur
Dearborn si rivolge a Tony e commenta:
-Donna in gamba.
Non ce ne sono molte come lei.-
-Hai ragione,
Arthur, è davvero unica.-
Unica, un’occasione davvero unica ed
è andata sprecata per colpa di Tony Stark. Dovrà mettergli in conto anche
questo. In ogni caso aveva già deciso di occuparsi di lui, dovrà solo
accelerare i tempi. L’uomo chiamato Mida sogghigna. Si vendicherà di tutti
coloro che hanno contribuito alle sue sconfitte. Tony Stark non lo sa, ma lui
ha già cominciato.
Con evidente soddisfazione Mida
contempla una statua accanto al suo trono mobile: la statua d’oro di una
giovane donna.
Una giovane donna è così che
dovrebbero considerarla, pensa Kathy, non una bambina, invece sia Tony Stark
che Howard Finch si rifiutano di capirlo. Troppo occupati a beccarsi l’un con
l’altro. No… è ingiusta: Tony non ha mai detto nulla di male su suo p… su
Howard. Lei vuol bene ad entrambi perché dovrebbe scegliere tra di loro? Quella
che la preoccupa è sua madre. Durante il pranzo dell’altro giorno era tesa e
nervosa e Howard cerca di esser disinvolto, ma era nervoso, faceva fatica a
trattenersi.
Pensano che sia una bambina, ma lei
ha capito cosa sta succedendo anche se non glielo vogliono dire.
Guarda sua madre parlare con Tony e
si chiede ancora se pensano davvero che sia stupida.
Se è questo il risultato della
scoperta sua vera paternità, avrebbe preferito non sapere mai nulla.
5.
Nulla da dire: l’organizzazione di
questa festa è veramente impeccabile, pensa James Rupert Rhodes mentre varca il
portone del consolato Wakandano al fianco della sua fidanzata Rae Lacoste,
tuttavia lui continua a sentirsi fuori posto con questo vestito da pinguino.
Uno come Tony ci si trova a suo agio come un topo nel formaggio, ma lui
preferirebbe una missione in zona di guerra nei panni di War Machine.
-Non comportarti
come tuo solito, Jim.,.- gli dice Rae stringendogli il braccio –Non fare il
musone, socializza.-
-Va bene, ci
proverò… ma tu scordati qualcosa di simile per il nostro matrimonio.-
-Mai pensato nulla
del genere. Sai che a me andrebbe benissimo anche una cappella a Las Vegas io e
te soli.-
-Un’idea da tenere
in conto.-
Forse è solo un’illusione, ma Rhodey
ha l’impressione che tutti li stiano guardando. Un nero massiccio a braccetto
con una bionda sexy. Calma Rhodey, non sono più i vecchi tempi di tuo padre.
Oggi non dà scandalo che un uomo di colore stia con una bianca o viceversa.
Dall’altro lato della stanza ha visto Happy Hogan con quella sua amica
infermiera di colore, Georgia Jenkins, e l’unico disagio che l’ex pugile
irlandese sembra avere è il colletto della camicia troppo stretto. D’altra
parte, di fatto questo è come se fosse territorio wakandano, una nazione
africana dove trovare un bianco è più difficile che trovare lo Stregone
Imperiale del Ku Klux Klan ed un sermone di Al Sharpton.[1]
Questo, in un certo modo, però, non facilita le cose: certi wakandani sono più
razzisti e xenofobi di alcuni bianchi che ha conosciuto. Per fortuna Rae non
sembra a disagio.
Rhodey potrebbe essere sorpreso
nello scoprire che pensieri simili ai suoi attraversano la mente della sua
fidanzata. Rae Lacoste si è sempre atteggiata
donna emancipata ed anticonvenzionale, ma deve ammettere di essere
ferita da certi sguardi che ha colto a volte quando esce con Rhodey. Che vadano
tutti al diavolo, pensa per l’ennesima volta: io amo Jim Rhodes e se a qualcun
o no sta bene, peggio per lui.
Lo guarda e sorride. Questa è una
festa, pensa: la festa di fidanzamento di T’Challa e Monica Lynne e lei è
intenzionata a godersela fino in fondo. Dopotutto, come diceva la vecchia
canzone: le ragazze voglio solo divertirsi.
Divertirsi in questo posto non è poi
così difficile, pensa Tony Stark con un bicchiere di Perrier in mano e si
rivolge ad Iron Man al suo fianco:
-Rilassati. Mi
rendo conto che bere da una cannuccia non è il massimo e che non è facile
neanche mangiare le tartine. Ti prometto che nel prossimo modello di armatura
inventerò qualcosa per ovviare all’inconveniente.
<<La
fai facile tu. Io non so nemmeno perché mi trovo qui.>> replica
Eddie Marche da dentro l’armatura.
-Facile.- spiega
Tony abbassando la voce –Non volevo che l’assenza di Iron Man ad un ricevimento
per un compagno Vendicatore e la mia presenza scatenassero pettegolezzi sulla
sua vera identità.-
<<E
perché proprio io e non uno degli altri? Non sarà perché io sono l’unico Iron
Man sostituto di colore e volevi essere politicamente corretto al ricevimento
di un capo di stato africano?>>
-Non essere
sciocco, Eddie. Non c’entra nulla. È
solo che gli altri non erano disponibili: Happy è già qui come direttore della
Fondazione, Mike è impegnato, Carl è a Los Angeles e…-
<<E
tu non potevi essere contemporaneamente qui in armatura e fuori a goderti al
compagnia di miss Potts, giusto?>>
-Eddie!-
<<Che
c’è? Non sono uno stupido: l'avevo capito da un pezzo.>>
-E non ne sono
sorpreso, infatti, anzi, sono sollevato. Ora scusami: mi hai appena ricordato i
miei doveri verso la mia… accompagnatrice.-
Tony si avvicina a Pepper Potts e le
sussurra all’orecchio:
-Ti ho detto quanto
sei splendida?-
-Non negli ultimi
dieci minuti, in effetti.- risponde lei sfoderando un sorriso soddisfatto.
-Sono davvero
felice che tu abbia accettato di venire, Pep.-
-Oh sono convinta
che non avresti avuto difficoltà a trovare un’altra compagna se io avessi
rifiutato. Scommetto che Miss Ninja e Madame Chicago avrebbero accettato
volentieri, magari tutte e due insieme,-
L’allusione a Meredith McCall e
Joanna Nivena colpisce come una stilettata e Tony si sente spinto a ribattere:
-Sei tu quella che
volevo qui stasera, dovresti saperlo: tu e nessun’altra. Io e te ne abbiamo
passate così tante insieme e dovresti sapere quanto tengo a te.-.
Parlando sono usciti su un balcone.
Tony ha poggiato il bicchiere ed ora le tiene entrambe le mani. Sono molto
vicini adesso. Le loro labbra stanno per sfiorarsi, poi…
-No.- dice Pepper
–Non adesso e non così.-
-Cosa?-
-Non sono
disponibile ad essere la tua ruota di scorta, Tony o la tua spalla su cui
piangere. Prima metti in chiaro la tua situazione con Joanna. Decidi cosa vuoi
fare davvero con lei e poi... poi potremo riparlarne.-
Questo è stato un colpo basso, ma
meritato, pensa Tony. Ha ragione, lei: è ora che affronti le sue responsabilità
e la smetta di scappare.
Scappare sarebbe stato il primo
istinto di Harold Joseph Hogan, detto Happy, ma ha resistito eroicamente.
-Vuoi una tartina
Georgia?- chiede alla sua compagna.
-No grazie, mi
fanno ingrassare. Sai, non riesco a credere che io, una comune infermiera
afroamericana sono ospite alla festa di fidanzamento di un capo africano.-
-Il vantaggio di
avere amicizie altolocate.- si pavoneggia Happy, poi aggiunge –In realtà, anche
dopo tanti anni al seguito di Tony Stark anch’io mi sento fuori posto in questi
ricevimenti… anche se per dovere d’ufficio mi tocca sorbirmene qualcuno ogni
tanto.-
-Ah la dura fatica
di raccattare soldi.-
-Tu scherza pure,
ma sapessi quanto è difficile spingere certi ricconi a metter mano al
portafoglio.-
-Già. Ehi, ho avito
un’idea: e se cela filassimo discretamente e ci trovassimo un posticino un po’
più alla nostra altezza?-
Happy riflette. In fondo non si
diverte molto e tutto sarebbe meglio che vedere il suo migliore amico e la sua
ex moglie che flirtano. Preferisce che gli altri credano che la cosa gli sia
ormai indifferente, ma ad una parte di lui fa a ancora male
-Questa, Miss
Jenkins…- risponde -… potrebbe essere una buona idea.-
6.
Una buona idea, si… o almeno lo
sembrava all’inizio, ma ora, e non soltanto da ora a dire il vero, Leon non ne
è più tanto convinto. Non è che abbia scrupoli, è solo che sente che questa
particolare avventura non porterà niente di buono al suo vecchio amico.
Quando entra nella suite vede sul
tavolino i segni che dimostrano che ci sono state due persone a fare colazione
poco prima. Suo malgrado sorride: il suo amico trova sempre il modo di godersi
i piaceri della vita.
Aleksandr Lukin esce dalla camera da
letto ormai vestito di tutto punto e pronto per affrontare la nuova giornata.
-Buongiorno Leon.-
saluta il fedele braccio destro.
-Buongiorno, Alek.-
replica Leon –La notte è stata… interessante come mi immagino?-
-Oh si… un modo
davvero ottimo per festeggiare la conclusione dei contratti con la
Stark-Fujikawa dell’altro giorno. Quella ragazza è davvero una gatta selvaggia.
Mi chiedo quanto suo nonno conosca dei suoi disinvolti comportamenti. Ma
parliamo d’altro: hai provveduto a quanto ti avevo chiesto?-
-Si, non
preoccuparti: la piccola Galina Stenkova è stata portata al sicuro. Ho fatto in
modo che sia affidata a dei parenti ed ho aperto un fondo fiduciario a suo
nome. Se posso permettermi, Alek, è stato un gesto davvero nobile da parte
tua.-
-Nobile? Davvero
non so, è solo che non piaceva saperla orfana ed in fondo è morta per colpa
mia… ho dato io a Zakharov l’arma per uccidere Evgeny Stenkov.-[2]
-Ma lui aveva
tradito, passando il dossier Soldato d’Inverno allo S.H.I.E.L.D.-
-L’errore iniziale
è stato mio, non avrei mai dovuto permettere a quel fanatico di Zakharov di
usarlo. Per poco non faceva precipitare la nostra nazione nella terza guerra
mondiale. Non è quello che volevo… che voglio io, lo sai. È arrivato il momento
di correggere quell’errore.-
-Che vuoi fare?-
Lukin si versa della vodka e guarda
il suo amico restando in silenzio per qualche secondo, poi risponde:
-Soltanto
riprendermi ciò che è mio.-
Mio, tutto quello che possiede Tony
Stark sarà mio in un modo nell’altro, pensa Tiberius Stone, non importa che i
miei precedenti tentativi siano falliti, ciò che conta è che l’ultimo sia
quello giusto.
Con in mano due bicchieri raggiunge
la terrazza del suo attico e sorride alla donna seduta ad un tavolino. Justine
Hammer è bella, non c’è dubbio e se è possibile è ancor più priva di scrupoli
di lui. La piega crudele nel suo sorriso è decisamente affascinante… quanto può
esserlo lo sguardo di un cobra prima che ti colpisca. Attento a non essere tu
quello che si fa in incantare, ricorda a se stesso Stone.
-Ecco qua.- dice
–Un daiquiri per te ed un Alexander per me.-
-Grazie.- replica
Justine –Potevi farlo portare da un cameriere.-
-Certe cose mi
piace farle da solo ogni tanto.- ribatte lui porgendole il bicchiere –Non mi
piace dipendere dagli altri.-
-Ti capisco. Anche
a me piace avere il controllo della situazione, essere indipendente.-
-E tuo padre che ne
pensa?-
-Mio padre?- a
Stone non sfugge l’intonazione della
voce di Justine mentre pronuncia quella parola –A volte credo che mi tema, che
abbia paura che non aspetterò che muoia naturalmente per prendermi la mia
eredità.-
-Ed ha ragione?-
Il solito sorriso crudele increspa
le labbra di Justine mentre risponde sibillina:
-Tu che ne dici?-
-Che ne dici?-
chiede Sasha Hammer –Si può fare?-
-Violare i codici
di sicurezza della Hammer Inc. vuoi dire?- ribatte Philip Grant –Sarebbe un
gioco da ragazzi per me: potrei farlo ad occhi chiusi.-
-E potresti
accedere ai conti bancari e cose così?-
Philip comincia a capire dove sta
andando a parare la ragazza, fa una smorfia che è quasi un sorriso.
-Certo che posso
farlo.- insiste, omettendo di averlo già fatto in passato con altri -Allora
vuoi rubare a tuo nonno?-
-Beh, perché no? È
sempre dispotico con me, si merita una lezione e anche la mamma?-
-E quanto pensi di
portargli via?-
-Qualche spicciolo.
Pensavo a… dieci milioni di dollari.-
Philip sogghigna: questa ragazza è
davvero un bel tipino… e gli piace un sacco.
FINE SECONDA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Fine anche di quest’episodio forse
anomalo in certe parti, ma che spero abbiate gradito. Un po’ di chiarimenti
tanto per gradire:
1) Il
party di fidanzamento di T’Challa, alias Pantera Nera, ed i suoi ospiti si sono
visti anche in Devil #50 e Capitan America #45.
2) Linda
Carter,Christine Palmer e Georgia Jenkins sono state protagoniste nel 1972
della breve serie “Night Nurse”. Qui, oltre ad introdurle nella continuity MIT
chiarisco anche che Linda Carter è la stessa che fu protagonista nel 1961/1962
della serie romance “Linda Carter, Student Nurse”.
3) Aleksandr
Vassilievitch Lukin è un personaggio creato da Ed Brubaker & Steve Epting
su Capitan America Vol. #1 (In Italia su Thor & I Vendicatori, Marvel
Italia, #78). Il sottoscritto lo ha introdotto nella serie MIT di Capitan
America. Il “mio” Lukin è un po’ diverso dal quello Marvel USA sia per la sua
storia personale (non è l’ospite riluttante della coscienza del Teschio Rosso
per intenderci), sia per il fatto, non trascurabile, di essere più giovane,
essendo nato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Per saperne di più, non vi resta
che seguire la nuova serie Vendicatori Segreti in cui Lukin sarà uno degli
antagonisti ricorrenti di quella che potremmo anche chiamare la prima stagione.
Nel
prossimo episodio: Mida colpisce, Philip Grant e Sasha Hammer fanno i cattivi
ragazzi, Ty Stone continua ad essere un cattivo ragazzo e Justin e Justine
Hammer… non sono più ragazzi da tempo, ma per il resto…-_^
Carlo.